“Ragazzi, ma perché venite a giocare?” E in questo mondo in cui niente sembra sorprenderli, questa semplice domanda che ogni anno faccio a ragazzini di 12-13 anni crea un improvviso imbarazzo, uno strano silenzio. Qualcuno mi guarda letteralmente a bocca aperta. Evidentemente non se lo erano mai domandato.
Eppure, a pensarci bene, sono già molti anni che praticano questo sport e fanno attività agonistica, il che significa che l’impegno in termini di tempo ed energie inizia ad essere consistente. E se pensate che sia un problema contingente di questa fascia d’età vi sbagliate, perché con ragazzi più grandi la situazione migliora relativamente. Gli adolescenti non rimangono a bocca aperta ma danno risposte poco credibili, almeno per chi li conosce e vede che approccio hanno con lo sport che praticano.Tornando ai pre-adolescenti, l’impegno è non soltanto il loro ma anche quello dei genitori o dei nonni, sia dal punto di vista logistico che (speriamo) dal punto di vista emotivo. Ma molti di loro non sanno perché sono lì ad allenarsi. Eppure questa è la base di tutto. Senza coincidenza fra motivazione ed impegno infatti il castello che vogliamo costruirci sopra è fragilissimo. Se scelgo di fare qualcosa nei tempi e nei modi coerenti col “perché” lo faccio l’esperienza sarà positiva, altrimenti l’insoddisfazione, la noia, la rabbia sono dietro l’angolo.
Ecco perché il mio consiglio ai genitori che vogliono introdurre il proprio bambino allo sport è sempre quello di chiarire subito perché gli volete far fare sport, e solo dopo programmare un’attività e degli obiettivi coerenti con questa motivazione. Assicuratevi che vostro figlio abbia compreso questo “perché” e lo abbia condiviso. Sarete partiti col piede giusto.
Una volta fatto questo primo fondamentale passo, però, il lavoro non è finito. Col passare degli anni, infatti, se si continua a fare uno sport spesso ci troviamo davanti a passaggi legati alla crescita e/o al livello di competenze tecnico/tattiche dell’allievo. Nelle scuole sportive è quasi automatico cambiare al bambino/ragazzino tipologia di impegno e di obiettivi, magari da due volte a settimana si passa a tre o quattro, dall’attività promozionale si viene catapultati in quella agonistica, e non di rado questi passaggi non sono spiegati o concordati con il ragazzo. Questo è uno dei motivi per cui la percentuale di burn-out, ovvero dei ragazzi che lasciano uno sport, cresce. A pensarci è assurdo, ma capita proprio così. Il bambino sta bene, poi cresce e gli viene cambiato il proprio ambiente, il tempo e le energie da dedicarci, gli obiettivi da raggiungere, e lui lascia. E di solito si dà la colpa a questa strana cosa che è l’adolescenza. In realtà è una conseguenza del tutto logica a cambiamenti con concordati e accettati.
Ricordatevi inoltre, che a seconda dell’età la comunicazione della motivazione e le dinamiche di accordo fra genitore e figlio/a cambiano. Se la valutazione sulla motivazione e il relativo impegno per un bambino di 6-7 anni è quasi esclusivamente a carico del genitore, che avrà poi l’onere (non semplice) di far comprendere nelle giuste forme questa scelta al bambino stesso, una volta che si ha a che fare con un pre-adolescente e poi con un adolescente sarà lui stesso a dover indirizzare la scelta e il relativo impegno, scelta che dovrà essere il risultato in questo caso di un dialogo genitore-figlio/a. Comprendete dunque quale motivazione porta vostro figlio a fare sport, e poi muovetevi di conseguenza.
E se invece siete voi adulti a voler fare sport? Il discorso sulla motivazione non diventa meno importante. Guardatevi dentro, e cercate di capire perché state per iscrivervi a un corso, o state per fare lezioni individuali con un coach. Dopo di ciò, soprattutto, spiegate questa motivazione a chi deve preparare un servizio per voi. Non vi vergognate. Se chi deve fare qualcosa per voi non sa cosa volete, alla fine sarà costretto a fare delle supposizioni, e potrete solo sperare che ci azzecchi.
Infine un consiglio anche per chi organizza sport. Partite dalle motivazioni dei vostri clienti, sempre, e da lì organizzate i vostri servizi. Prevedete un’offerta per tutte le motivazioni, senza guardare solo l’età o il livello di competenza di chi vi chiede un servizio. Perché ad esempio non organizzare un corso avanzato per sessantenni? E perché invece non mettere in conto un corso per ragazzi di 14-16 anni che hanno come motivazione principale quella di stare insieme a dei coetanei? E ricordate, ognuno di questi corsi avrà una base e una programmazione didattica diversi. Ma questo è un altro discorso...
Florio Panaiotti