Lo sport insegna sempre a stare in gruppo: il falso mito degli sport individuali

L’ho sostenuto molte volte, anche in occasione di incontri pubblici o in lavori di ambito universitario: lo sport, qualunque sport, insegna (se vissuto in maniera sana) a interagire con gli altri. In pochissime parole, insegna a stare in gruppo.

Questa affermazione collide con la concezione di uso comune, fuorviante, secondo la quale ci sono da una parte gli sport di gruppo e dall’altra gli sport individuali. Si tratta di una suddivisione fuorviante perché non riguarda il “gruppo”, ovvero la possibilità di condividere attività con altri, ma il grado di interazione nello svolgimento delle attività stesse.


Mi spiego meglio. Se in ambito formativo un team di cinque studenti si impegnano per il superamento di un esame, si organizzano per studiare insieme, si passano gli appunti a vicenda, si confrontano su come affrontare lo studio e poi l’esame, che alla fine ovviamente avrà per ognuno di loro un esito individuale, hanno svolto un lavoro di gruppo oppure no? Credo che quasi tutti rispondereste di sì. Ecco, allora perché cinque tennisti, o cinque nuotatori che si allenano insieme, magari sotto lo stesso coach, preparandosi ad una competizione che poi affronteranno individualmente non dovrebbero essere un gruppo? Si tratta di atleti che condividono la riuscita dei programmi settimanali, le difficoltà e i successi di coloro che gli stanno accanto, e qualche volta addirittura influiscono direttamente (è il caso delle esercitazioni in coppia o degli “sparring partner”) sui successi futuri dei propri compagni di allenamento. E questo tralasciando il fatto che in ogni sport esistono competizioni “a squadre” concepite proprio per dare punteggi cumulativi a gruppi di atleti della stessa società sportiva, dove quindi la propria prestazione di uno incide direttamente sul successo di tutti gli altri. Eppure ancora oggi, quando si sceglie uno sport o lo si sceglie per i nostri figli, si fa ancora l’antica semplicistica suddivisione fra sport di gruppo e sport individuali. 


Diverso è, infatti, il discorso del grado di interazione fra i membri di un gruppo durante la gara. È innegabile che fra i vari sport esistano differenze di interazione interna. Ci sono sport ad alto grado di interazione, quello per intenderci di giochi di squadra quali ad esempio il calcio, il basket o il football americano. In questi sport l'azione di gioco stessa richiede il movimento contemporaneo di tutti i compagni, che anche se non agiscono poi materialmente nel muovere la palla influiscono comunque, anche solo con il semplice posizionamento in campo, sull'esito dell'azione stessa. Ma attenzione, anche in questi sport si fa sempre più di frequente riferimento a “chi non gioca”, per ricordare che il gruppo è più ampio che non coloro che si vedono sul campo da gioco. Poi ci sono gli sport a medio grado di interazione durante la competizione, come la scherma o il tennis, in cui le competizioni vengono svolte individualmente ma dove spesso ci si allena assieme a dei compagni. E non nel senso che ci si allena mentre qualcun altro fa altrettanto per conto proprio sul campo accanto, ma piuttosto che l'allenamento stesso richiede spesso uno sforzo comune senza il quale non potrebbe esistere. Un giocatore di tennis infatti esegue la maggior parte degli esercizi assieme ad altri compagni, e la buona riuscita dello stesso dipende dalla prestazione di tutti i giocatori coinvolti nell’esercizio. Solo se tutti si impegnano al massimo infatti si ottiene l'effetto sperato. Ci sono poi sport a basso livello di interazione durante la competizione, ad esempio la ginnastica artistica o il nuoto. E tuttavia anche in questi casi ci si allena contemporaneamente con un gruppo di compagni di “lavoro”, se non di squadra, e perciò anche in questo caso esisteranno tutte le dinamiche di gruppo, virtuose o meno, sopra accennate. Accade infatti spesso che il raggiungimento degli obiettivi individuali di un membro di questi gruppi abbia un risvolto positivo anche sulle prestazioni degli altri membri dello stesso.


In definitiva, dunque, ogni sport presenta un gruppo, perciò insegna a interagire con gli altri e a sapersi muovere all’interno di esso. Si potrà, per inclinazione caratteriale o per utilità di sviluppo personale, scegliere uno sport con una maggiore o minore interazione di gruppo, ma non si potrà mai scegliere semplicemente uno “sport individuale”.